domenica 12 febbraio 2012

Patagonia 2/1-18/1

Dieci ore di viaggio in autobus da Bahia Blanca a Puerto Madryn. Inizia così il mio viaggio in Patagonia. Patagonia è il nome dato dai coloni europei ad una distesa immensa di terra che comprende tutto il sud dell'Argentina abitata anticamente da gruppi indigeni. Puerto Madryn è situata sulla costa atlantica e fu fondata anticamente da un gruppo di gallesi sbarcati su queste coste. E' una località di mare con un golfo sabbioso ed è l'accesso a uno degli spettacoli marini più mozzafiato del mondo: la Peninsula Valdés. Una riserva naturale patrimonio dell'Umanità che accoglie una varietà di animali marini, tra cui balene australi, orche, elefanti marini, leoni marini, pinguini e milioni di uccelli. In questo periodo non si vede la balena perchè si sposta nelle acque dell'antartico, ma si possono ammirare gli altri animali. Sulla terra ferma il paesaggio è molto arido ed è caretterizzato dalla steppa. Tra i cespugli bassi e spinosi saltellano gli struzzi e i guanachi, animali simili a piccoli cammelli e tipici del Sud America. Con un tour guidato facciamo il giro della penisola. Sulle spiagge si vedono colonie di leoni e elefanti marini. Sono distesi sulla sabbia, sonnecchiano, ogni tanto si alzano goffamente sulle zampe anteriori, fanno qualche passo e poi si lasciano di nuovo cadare pigramente sulla spiaggia. I maschi sono più grossi e sono circondati dalle femmine: è il tempo della riproduzione. Qualche femmina è già incinta e assistiamo in diretta ad un parto. Sulla spiaggia più in là una colonia di pinguini cammina dondolando da e verso la riva del mare, si fermano a pochi passi dalle persone e muovono simpaticamente la testa a destra e a sinistra. L'orca, animale predatore, prende d'assalto le rive della penisola cibandosi degli animali lì spaparanzati. Oggi però non si fa vedere, per la fortuna di leoni e elefanti marini. Nell'intera penisola vi è un unico paesino, Puerto Piramides, tutto il resto è lasciato alla natura selvaggia e i paesaggi rocciosi e aridi che terminano nel mare lasciano senza fiato. Si cammina su stretti sentieri in mezzo a questa natura sconfinata e ci si sente infinitamente piccoli. Un altro posto incredibilmente bello e la riserva di Punta Tombo, una stretta penisola sassosa protesa nell'oceano Atlantico famosa per la presenza della più grande colonia di pinguni di Magellano dell'America del sud. Non immaginatevi un posto freddo, al contrario, il sole è alto in cielo e la temperatura è intorno ai 30°. Buffi pinguini sfruttano questo luogo per covare le uova e per preparare i loro piccoli alla migrazione. Il pinguino è un animale dal comportamento quasi umano. Cammina su due zampe, è monogamo, costruisce il nido sotto i cespugli e il maschio e la femmina si alternano a fare la guardia al nido per proteggere le uova dai predatori. Qui si cammina in mezzo ai pinguini, li si osserva da vicino. Alcuni, i più intraprendenti, attraversano il sentiero riservato alle persone, si fermano sul bordo, guardano prima a destra, poi a sinistra, si accertano ancora una volta che possano attraversare e via, si muovono velocemente dondolando sulle zampette finchè non raggiungono l'altro ciglio del sentiero. Ci sono dei cuccioli, hanno più pelo e pigolano insistentemente chiedendo al padre o alla madre il cibo. Alcuni fratrelli circondano il genitore, litigano beccandosi insistentemente finchè l'adulto non apre il becco e chi vince vi immenge la sua testa dentro prendendo un ricco pasto. I pinguini sono degli animali che suscitano dolcezza e simpatia. E' un'esperienza indimenticabile camminare in mezzo a loro e vederli da così vicino, si ha la sensazione che davvero l'uomo e questi animali possano vivere e condividere lo stesso territorio rispettando ognuno le abitudini degli altri. Una sintonia tra uomo e natura che dovrebbe essere sempre ricercata e rispettata. Dopo la riserva dei pinguini ci spostiamo a visitare un paesino chiamato Gaiman, antica colonia gallese dove si ammirano ancora le tipiche case in legno e si continuano le antiche tradizioni come quella del tè gallese.
Vi sono numerose Casas de Té dove si ci può sedere a degustare il tè con la tradizionale torta nera gallese. La casa di tè più famosa del paese ha un giardino curatissimo e una grande teiera in ceramica in mezzo al prato. Qui vi fece visita la principessa Lady Diana un paio di anni prima di morire.

Da Puerto Madryn mi sposto a Bariloche, località montana al confine con il Cile, lato ovest dell'Argentina. Quattordici ore di pullman in compagnia di una ragazza olandese conosciuta in ostello. L'Argentina è un paese immenso, è quasi 5 volte l'Italia, ma ha solo due compagnie aeree che coprono il territorio, la compagnia di bandiera argentina e quella cilena. Nessuna compagnia low cost e quindi i prezzi sono decisamente alti e i collegamenti non sempre buoni. Le compagnie di autobus, qui chiamati micro, invece sono svariate e collegano bene tutte le località distanti migliaia e migliaia di chilometri una dall'altra. Ovviamente le ore di viaggio diventano infinite ma è comunque un buon modo per ammirare lo splendido panorama fuori dal finestrino. All'arrivo a Bariloche il paesaggio diventa una cartolina. La steppa e le pianure aride di Puerto Madryn lasciano il posto a vette alte e verdi con alberi rigogliosi e laghi incastonati tra una montagna e l'altra. Questo meraviglioso paesaggio è purtroppo leggermente ofuscato dalla cenere di un vulcano del vicino Cile che da qualche mese ha ripreso la sua attività. Bariloche si trova a ridosso delle Ande, ha quindi una temperatura solitamente fresca anche in estate, ma come in tutto il mondo il clima sta cambiando e in questi giorni il calore si fa sentire. Per rinfrescarsi un pò basta andare in uno dei laghi della città, tutti dotati di spiagge e dove l'acqua oltre ad essere di un azzurro cristallino è anche estremamente ghiacciata. Gennaio è il mese di alta stagione in Argentina, le scuole sono chiuse, la gente è in ferie e molti amano passare le vacanze in questo posto idilliaco tra un lago e una montagna. Anch'io ne approfitto per godermi questo incantevole panorama e lo faccio nel modo migliore: in bicicletta, percorrendo un circuito chiamato "Chico" che consiste in un percorso di circa 30 km su una strada di montagna panoramica che costeggia baie e laghi e alterna salite e discese a punti panoramici. Un simpatico cane mi accompagna durante tutto il giro, si ferma quando mi fermo io per riposare, fa il bagno in una sosta al lago, mangia e beve con me. Diventa il mio fedele compagno e persone del luogo mi dicono che è solito accompagnare i turisti durante il giro; oggi ha scelto me. Il percorso è abbastanza faticoso e devo rinunciare a qualche salita portando la bicicletta a mano però tutta la fatica è ricompesata dalla splendida vista. Il giorno dopo lo trascorro in compagnia della ragazza olandese e ci godiamo una splendida giornata tra un breve trekking, una sosta ad una cascata e la spiaggia del lago Gutierrez. Tornata in ostello conosco due simpatici messicani, un ragazzo e una ragazza, dormono nella mia stessa camera e diventiamo subito compagni di viaggio e amici. Facciamo una breve escursione insieme alla colonia svizzera, un piccolo agglomerato di case in mezzo alle valli dove oggi abitano i discendenti degli immigrati svizzeri. Passeggiamo in mezzo ad una piccola fiera di artigianato e ammiriamo curiosi come in uno stand cucinano carne e verdura sotto terra. Fanno un grande buco nel terreno, lo riempiono di carne e verdura avvolta in foglie e poi la ricoprono con pietre bollenti e terra. Dopo un'ora scoprono il tutto e il risultato sembra delizioso, anche se non lo assaggiamo. Nel pomeriggio deliziamo il nostro palato in una delle più famose cioccolaterie del paese, Rapanui. Il cioccolato di Bariloche è squisito ed è famoso in tutto il paese. Anche in questo c'è lo zampino degli svizzeri. A cena poi continuiamo con i peccati di gola e mangiamo in ostello un ottimo asado, cioè carne alla brace, cucinata dai proprietari per tutti gli ospiti. In alcuni ostelli, come in questo, l'aria è particolarmente familiare. Ci si siede tutti insieme intorno al tavolo, si mangia, si chiacchiera, ci si confronta e si finisce la serata cantando accompagnati da una chitarra. Il mattino dopo è di nuovo ora di saluti e di partenza. Lascio i miei amici messicani, sperando come sempre di rincontarli sul mio cammino e prendo un pullman per Calafate, sud della Patagonia. Stavolta il viaggio è davvero lungo, 28 ore prima di arrivare a destino. Si attraversano di nuovo distese immense e desolate e appaiono quà e là pozzi di petrolio. Il viaggio sebbene lungo passa abbastanza velocemente e all'arrivo al Calafate ti accoglie un meraviglioso lago azzurro, il lago Argentino. Calafate è un paesino piccolo e prezioso situato all'ingresso del parco nazionale dei ghiacciai, vera attrazione di questo luogo. Visito il Perito Moreno, un enorme ghiacciaio incastonato tra le montagne. Descriverlo a parole è difficile perchè è veramente incredibile. La sua vista è mozzafiato, una distesa immensa di ghiaccio che termina con un'altissima parete con punte bianche e forti riflessi azzurri. Una barca ti permette di arrivare proprio sotto quest'alta parete e lo spettacolo è emozionante. Il ghiaccio brilla di bianco e di azzurro, è come se piccoli pezzi di cielo fossero incastonati tra gli enormi lastroni di ghiaccio. Ancora una volta ci si sente piccolissimi al cospetto di tanta grandezza e di tanta bellezza. Oltre alla barca il ghiacciaio si può ammirare da una lunga passerella che percorre tutto il suo perimetro. Con un pò di fortuna da qui si possono ammirare i distaccamenti di blocchi di ghiaccio dalla parete. Il ghiaccio si crepa, con un forte boato si stacca dalla parete e cadendo in acqua forma un grande onda. La gente osserva in silenzio facendosi catturare da questo maestoso fenomeno naturale. Oltre alle mille foto scattate mi rimarrà sempre il ricordo di questa bellezza e delle sensazioni ed emozioni provate al suo cospetto. Al Calafate ne approfitto anche per fare una passeggiata a cavallo in mezzo alle vallate. Tutt'attorno svettano le Ande con le cime innevate e nei prati pascolano grosse mucche. Vedere il paesaggio a dorso di un cavallo che trotta tra sentieri della valle è il modo migliore per rilassarsi e godersi il contatto con la natura.

Lascio il Calafate e le sue meraviglie per raggiungere la punta estrema dell'Argentina, la Terra del fuoco, la fine del mondo. Nel viaggio faccio tappa di un paio di giorni a Rio Gallegos, città capoluogo della provincia di Santa Cruz. La città non è niente di particolare, è abbastanza anonima e non ha attrazioni nè naturali nè culturali, ma le persone che incontro rendono anche questo posto speciale. Apenna arrivata conosco una ragazza argentina e parlando scopriamo di avere una conoscenza in comune: la mia insegnante di spagnolo a Torino era una sua compagnia di classe. Incredibile quanto sia piccolo il mondo. Trascorriamo insieme una giornata passeggiando per la città e tornate in ostello conosciamo un altro gruppo di due ragazzi e una ragazza di Israele. Ci conosciamo, chiacchieriamo, cuciniamo e mangiamo insieme, come una famiglia. E' venerdì e prima di cenare recitiamo la preghiera ebraica, un rito che non mi appartiene ma che comunque mi coinvolge perchè fa parte di quello scambio di culture, tradizioni e costumi che solo il viaggio ti regala. Il mattino dopo partiamo tutti insieme per Ushuaia, estremo sud dell'Argentina, lì dove finisce il mondo. Per arrivare a destinazione bisogna attraversare una parte del Cile e i rigorosi e severi controlli alla dogana allungano le ore di viaggio. In Cile non si può introdurre nessun cibo nè di origine animale nè di origine vegetale, tutti i bagagli vengono perquisiti e controllati e anche una sola mela può costare una carissima multa. Così sul pullman ci si affretta ad ingurgitare le ultime scorte di cibo prima di arrivare alla frontiera. Per questioni storiche e contesa dei confini i rapporti tra i cileni e gli argentini rimangono abbastanza tesi e questi eccessivi controlli non aiutano a risolvere le discordie. Il lungo viaggio è allietato dalla buona compagnia e dallo spettacolare panorama: il cielo è di un azzurro intenso, le nuvole disegnano figure e striature e la terra verde e popolata solo da qualche pecora e qualche guanaco tende all'infinito. Per migliaia di chilometri non vi è altro che natura, nessuna presenza umana. Ushuaia si trova nella Terra del Fuoco, nominata così dallo scopritore Magellano che al suo arrivo rimase impresso dai fuochi che le popolazioni indigene usavano per comunicare. Questa terra è divisa dal continente da uno stretto, lo stretto di Magellano appunto, che attraversiamo su un traghetto. Avvicinandoci ad Ushuaia passiamo per le Ande e ammiriamo dal finestrino le alte vette con in i ghiacciai, i laghi, gli alberi. Sono quasi le undici di sera ma il cielo è ancora chiaro, il sole non ha ancora fatto capolino. Qui, alla fine del mondo, non è mai totalmente buio, anche di notte il cielo è striato da una luce fioca. La temperatura è abbastanza fredda ma non eccessivamente, rimane intorno ai 12 gradi. Il mattino dopo saliamo con la seggiovia sul ghiacciaio Martial, percorriamo a piedi un ripido sentiero che ci porta in alto a toccare il ghiaccio e ad avere una splendida vista panoramica di Ushuaia e delle acque del canale Beagle che la bagnano. Quassù il freddo è più pungente, il tempo cambia rapidamente e con uno splendido sole scende anche qualche fiocco di neve. La giornata si conclude con una passeggiata per la città, una foto davanti al cartello che indica che siamo alla fine del mondo e un timbro sul passaporto che testimonia che siamo arrivati fin qui, dove oltre non c'è niente. Il giorno seguente è dedicato alla visita del parco nazionale Terra del Fuoco, una meraviglia della natura. Il mare si chiude tra le montagne in baie e insenature dall'acqua cristallina. Si cammina per ore nel bosco a ridosso della riva, si sente l'odore degli alberi e si ammira il paesaggio idilliaco. Dopo la lunga camminata ci riposiamo nella caffetteria del parco dove vi è anche una interessante mostra sulle popolazioni indigene che abitavano questa terra, sulle loro usanze, abitudini e sulla loro estinzione dovuta all'arrivo degli europei. Terminata la visita al parco il nostro gruppo si separa. Ogni viaggiatore segue una strada, un percorso che si incrociano con quelli degli altri, non in modo casuale. Ogni incontro rappresenta una tappa del percorso e l'avere scelto la stessa strada, lo stesso sentiero anche solo per qualche giorno, ora o istante rapprensenta la volontà inconscia di incontrarsi. Così sono convinta che ogni conoscenza fatta non sia stata casuale e che abbia avuto un significato e un valore precisi, legati ad un posto e ad un determinato momento. Ci lasciamo con il sorriso perchè sappiamo che se vogliamo le nostre strade potranno tornare ad incontrarsi nuovamente. Il viaggio ad Ushuaia continua per me con una escursione in battello nel canale Beagle. Ci fermiamo a fotografare i leoni marini distesi sugli scogli attorniati dai cormorani, uccelli bianchi e neri che somigliano lontanamente a dei pinguini ma sono più piccoli e riescono volare. Arriviamo poi al faro Eclaireurs che erroneamente molti chiamano "della fine del mondo" ma che in realtà non lo è perchè quello è situato più lontano, nella Islas de los Estados. Questo faro, solitario su un'isolotto in mezzo al mare, sembra quasi dipinto ed evoca un atmosfera romantica e malinconica. Con questa immagine termina il mio viaggio in Patagonia. Lascio questa terra sconfinata, questo miracolo della natura, che mi ha regalato paesaggi e panorami mozzafiato e spettacolari e mi ha fatto ammirare da vicino specie di animali prima sconosciute. Porterò sempre impressi nella mi testa tutti i posti, le esperienze e le emozioni vissute quaggiù, in questa terra ai confini del mondo, ma soprattutto porterò sempre nel mio cuore le persone che hanno reso tutto questo ancora più speciale.

mercoledì 11 gennaio 2012

Argentina 21/12-1/1

Argentina. Ho sempre sognato di venire in questo paese. Sarà perchè mia nonna mi raccontava di suo fratello immigrato in questa terra, sarà perchè ho una zia qui, sarà perchè è così lontana. Questo paese mi ha sempre affascinato e mettere piede sulla sua terra dopo un lungo viaggio in aereo è un sogno che si avvera. Atterro a Buenos Aires accolta da uno stuolo di telecamere e una folla immensa. Non sono li per me ma per il migliore giocatore di calcio al mondo che sta tornando nel suo paese per trascorrere il Natale. Il suo nome: Lionel Messi. Lo vedo di sfuggita tra la folla mentre si incammina verso l'uscita dell'aeroporto.

Buenos Aires è una città immensa. Conta 4 milioni di abitanti nel centro citadino che arrivano a più di 13 milioni con la cintura. Un terzo di tutta la popolazione di una terra lunga 4000 Km e larga 1500 km. Buenos Aires è molto europea: l'architettura dei suoi palazzi, i teatri, le vie. Visito la città con un tour guidato. Passiamo in pullman nei diversi quartieri della città: Palermo con i suoi parchi e lo zoo, Recoleta quartiere elegante dell'alta borghesia, La Boca e San Telmo più popolari e vivaci. Passeggiamo a piedi per La Boca, quartiere al sud di Buenos Aires dove immigrati genovesi nel 1800 costruirono le case in legno che caratterizzano ancora queste strade. Oggi La Boca è famosa per la squadra di calcio Boca Junior, vincitrice dell'ultimo campionato argentino. Qui c'è lo stadio e numerosi negozi vendono gadgets e souvenirs della squadra. La facce dei giocatori argentini più famosi sono impresse sui muri di questo quartiere. Primeggia l'icona di Maradona. Tra le stradine del quartiere vi è El Caminito, una breve strada pedonale che prende il nome da una canzone di tango e sulla quale si affacciano case con le pareti e i tetti dipinti con tinte vivaci. Predominano il blu e il giallo, i colori della squadra Boca Junior. Coppie di danzatori si prestano per farsi fotografare in cambio di una piccola mancia. Ci spostiamo poi in Plaza de Mayo, centro amministrativo e commerciale della città. Domina la Casa Rosada, palazzo presidenziale dalla facciata color rosa. Nel centro della piazza la Piramide de Mayo, circondata da alte palme, ricorda la rivoluzione di maggio del 1810 contro gli spagnoli. Da Plaza de Mayo parte una lunga via pedonale e commerciale, Avenida Florida, gremita di gente due giorni prima di Natale. Qui assisto ad uno spettacolo di tango. Ballerini professionisti danno spettacolo della loro bravura esibendosi in questa danza passionale in mezzo alla gente che si stringe in cerchio per ammirare i loro passi veloci e precisi. Rimango incantata da questo ballo e dalla musica struggente e malinconica. Uno spettacolo per gli occhi, per le orecchie e per l'anima. La sera vado a mangiare il piatto tipico dell'Argentina: la carne. Qui la carne ha un sapore eccezionale perchè gli animali possono pascolare e cibarsi in distese immense di terra disabitate. Mangio quella che qui si chiama milanesa e che, al contrario di quanto credano gli italiani, è originaria in questo paese.

La prima impressione che mi dà questo paese è che sia molto simile all'Italia. Le edicole agli angoli delle strade, l'architettura dei palazzi, il modo di guidare, l'amore per la buona cucina e per il vino, la passione per il calcio, per la musica e per lo spettacolo, il bidé nei bagni, il senso della famiglia, il modo di interagire tra le persone. Forse sarà questo il paese a cui mi sentirò culturalmente più vicina.

Il giorno seguente approfitto del tempo brutto per visitare il museo di Eva Peron. Ammetto di non sapere niente su questa figura e sulla sua storia ma a Buenos Aires sono numerosi i monumenti dedicatigli e quindi decido di colmare questa lacuna. Eva Peron, conosciuta popolarmente come Evita è una figura importante del panorama politico argentino degli anni '40-'50. Conosciuta prima come attrice diventa poi la moglie del generale Péron eletto presidente dell'Argentina nel 1946. Evita è una figura carismatica che creò un movimento populista, il peronismo, che stava dalla parte dei lavoratori e dei più poveri. Divenne un'icona e aiutò milioni di persone ad uscire dalla miseria, lottò per i diritti delle donne, soprattutto per quello di voto, e promosse l'istruzione pubblica per tutti i bambini. Cambiò quindi in qualche modo le sorti del paese e del popolo argentino, soprattutto delle classi meno abbienti. E' straordinario pensare quanto abbia fatto questa donna all'età di 27 anni e nell'arco di solo 6 anni ed è triste che un cancro se la sia portata via a soli 33 anni quando ancora poteva fare molto per la sua nazione. Dopo un pò di cultura vado a passeggiare in Avedida Florida stracolma di gente in cerca di regali natalizi e finisco la passeggiata in Plaza de Mayo. Qui ci sono ancora gli striscioni e i cartelloni della manifestazione avvenuta il 20 dicembre per ricordare i 10 anni dalla profonda crisi economica che ha colpito il paese nel 2001. La ripresa in questi anni è stata solo parziale e la rabbia della gente è ancora accesa tanto che alcuni estremisti danno fuoco all'albero di Natale allestito nella piazza. Oggi l'albero viene pazientemente riallestito, a spese di tutti i cittadini ovviamente.

24 dicembre: E' la vigilia di Natale e prendo un aereo per Bahia Blanca dove trascorrerò le feste natalizie con mia zia e con la sua famiglia. Mia zia l'ho conosciuta quasi 10 anni fa quando è venuta in Italia, mio zio e i miei due cugini invece non li conosco ancora. Sono seduta in aeroporto e sono emozionata al pensiero di conoscere una parte della mia famiglia che abita così lontano. Il volo dura solo un'ora. L'aereo vola a bassa quota e dall'alto vedo una distesa immensa di terra, tutta pianura, non un albero, non una casa. Rimango impressionata. L'aeroporto è piccolino e quando scendo dall'aereo vedo mia zia dietro il vetro che mi aspetta. E' identica a come me la ricordavo. Anche lei mi riconosce subito e mi abbraccia commossa. Arrivate a casa conosco anche mio zio e i miei cugini, rimaniamo tutto il pomeriggio a parlare in salotto e nel cortile di casa visto il bel tempo e i 35 gradi. Mi trovo subito bene con loro, c'è confidenza e un forte legame che ci unisce nonostante non ci siamo mai visti. Il fatto che io parli spagnolo fa cadere anche la barriera della difficoltà di comunicazione. Parliamo del mio viaggio, dei posti che ho visitato e ne rimangono affascinati. In Argentina le distanze sono immense, le città distano migliaia di chilometri una dall'altra e quindi le possibiltà di viaggiare sono ridotte. Mio cugino sogna di viaggiare in Europa e rimane stupito quando gli dico che lì con un'ora d'aereo puoi andare a visitare un'altra nazione. Qui in un'ora d'aereo non si raggiunge neanche la città più vicina. Mi coinvolgono subito nelle usanze e tradizioni argentine facendomi provare il Mate. Il Mate è una bevanda ed un rito millenario. Consiste in un tazza generalmente di legno o d'acciaio dove si mette dentro un erba sfusa, il Mate appunto, acqua calda e si beve con una specie di cannuccia d'acciaio, chiamata bombilla, che al fondo ha un filtro e non fa passare le foglie dell'infuso. Il gusto è simile a quello di un tè verde, è un pò amaro ma mi piace! Il Mate è un vero e proprio rito sociale e potrebbe essere paragonato a quello del caffè in Italia. Si beve soprattutto per stare insieme, per compagnia. Qui però il senso di condivisione è ancora più forte perchè si comparte la stessa tazza e la stessa cannuccia. Gli argentini non rinunciano mai al Mate. Lo bevono in casa, seduti nel parco o in spiaggia, mentre guidano o mentre viaggiano in pullman. Si portano sempre dietro un thermos per l'aqua calda e il pacchetto con l'infuso ovunque vadano. Arrivata l'ora di cena arrivano gli altri parenti di mia zia per mangiare tutti insieme e festeggiare la vigilia di Natale. Ritrovo qui le stesse tradizioni italiane. La tavolata di parenti, il cibo abbondante, il torrone, i dolci, lo scambio di regali a mezzanotte, i botti che qui sono dei veri e propri fuochi artificiali. L'unica differenza è il tempo: qui è estate e fa caldo. Mi sento in famiglia, accolta da tutti con affetto e gentilezza. Dopo tanto viaggiare mi fa bene sentire questo calore familiare. Dopo mezzanotte usciamo con mia cugina e i suoi cugini, vogliono farmi vedere un pò la città. Andiamo anche in una discoteca molto carina ma abbastanza vuota vista la festività e balliamo la cumbia, musica tipica argentina simile al raggaeton. Il giorno di Natale ci ritroviamo di nuovo tutti insieme. Il menù natalizio è carne alla griglia, asado come si chiama qui. Salsicce, bistecche, costine, tutto divinamente squisito. Si mangia, si parla, si brinda. Dopo una mangiata così facciamo una siesta e al risveglio passeggiamo per la città. Bahia Blanca affaccia sul mare ma non ha una zona balneabile, c'è solo un grande e importante porto commerciale. Ci affacciamo comunque a vedere il mare tra le banchine sfruttate dalle grandi industrie e proseguiamo la passeggiata nel parco della città dove facciamo qualche foto ricordo.

Il giorno dopo parto con i miei zii per Monte Hermoso, una cittadina di mare a 100 km da Bahia Blanca sulla costa atlantica. Qui molti, come mia zia, hanno seconde case dove passare le vacanze, è un pò come per un torinese avere una casa in Liguria. Appena arrivati andiamo al faro e saliamo la stretta scaletta che porta fino in cima. Da qui una vista meravigliosa sulla costa. Spiagge ampie di sabbia bagnate dall'oceano che qui diventa Mar Argentino. Più tardi ci sediamo al sole sulla spiaggia e facciamo il bagno. La cittadina è molto carina, ci sono casette molto curate e complessi di appartamenti nuovi che affacciano sul lungo mare. Per un paio di giorni ci godiamo questo posto di pace e relax. I giorni seguenti passano tra un'uscita al centro commerciale e una passeggiata in centro con i miei cugini. Intanto io organizzo il mio viaggio in Patagonia, prenoto voli, hotel e bus su internet. Dopo la gita al mare non manca la gita in montagna o alla sierra come si chiama qui. Per strada distese immense di terra e di campi coltivati principalmente con soia e frumento. La terra è divisa in estacias. L'estancia è un appezzamento di terra privata dove vi sono coltivi e allevamenti e casolari dove i proprietari e i lavoranti vivono lontano dai centri abitati. Storicamente le estancias servivono per l'allevamento e il pascolo delle pecore dalle quali si ricavava la lana. L'introduzione della fibra sintetica a portato alla crisi di questo mercato e oggi alcune estancias accolgono i turisti per pernottare o per mangiare a prezzi esorbitanti. Arriviamo a Sierra Ventana che prende il nome da un buco su una delle due vette che sembra appunto una finestra, ventana in spagnolo. Visitiamo un santuario della madonna di Fatima, una chiesa in mezzo alla montagna con la statua della Madonna donata dal Portogallo. Passeggiamo poi per Villa Ventana, un villaggio dalle stradine sterrate con piccole casette di legno che somigliano molto alle baite delle montagne svizzere. Un posto di estrema pace e tranquillità. Il paese di Sierra Ventana invece è più grande e ci sono numerose botteghe di artigianato e di prodotti tipici locali. Ci fermiamo in un bar per dissetarci. I giorni passano velocemente, come sempre quando si sta bene, e arriva anche il capodanno. Anche questa festa qui si festeggia principalmente in famiglia e così ci ritroviamo con tutti i parenti e facciamo un'abbondante cenone all'aperto seguito da botti e fuochi artificiali. Il 1 gennaio è il mio ultimo giorno a Bahia Blanca. Esco con mia cugina a mangiare un gustoso gelato e assistiamo al passaggio per la città delle macchine della Dakar che ha iniziato la sua gara proprio in Argentina.

A casa di mia zia ritrovo le stesse tradizioni e le stesse usanze italiane. L'argentina è un paese di grande immigrazione proveniente soprattutto dall'Italia e dalla Spagna. Mia zia, che è nata qui, dice di essere la conseguenza di guerra e emigrazione e come lei lo è la maggior parte della popolazione argentina. Gli immigrati in queste terre racchiudevano tutti i loro averi in un baule e si imbarcavano su navi che in balia dei venti e delle onde dell'Atlantico raggiungevano solo dopo molte settimane di navigazione le coste meridionali del nuovo continente. Chi lasciava l'Europa lo faceva per fame e disperazione in cerca di migliori condizioni di vita. In quel baule non racchiudevano solo i loro beni materiali ma portavano con sè anche un pesante bagaglio culturale di tradizioni e usanze del proprio paese. Per nessuno è stato facile lasciare la propria terra e abituarsi a una nuova vita lontano dalla patria. Gli uomini sono quelli che meglio si ambientavano perchè andando a lavorare dovevano imparare bene la lingua e avevano più contatto con la popolazione locale. Le donne invece rimanevano a casa ad accudire i figli e quindi rimanevano più isolate dalla vita sociale. Così alcune maledicevano Cristoforo Colombo che aveva scoperto queste terre perchè senza la sua scoperta loro non sarebbero mai venute qui, altre pensavano che forse sarebbe stato meglio che la nave fosse affondata prima di raggiungere la meta. La malinconia per le proprie radici era talmente forte che una cartolina, una lettera, una foto e poi più tardi una telefonata dall'Italia venivano attese con impazienza ed emozione e risollevavano il cuore e l'umore. E' così che ritrovo in casa di mia zia le stesse foto che ci sono in casa di mia nonna. Allora la corrispondenza di foto era l'unico modo per conoscere i cugini e i nipoti nati così lontani. Anche quando sono nata io i miei genitori mandarono una foto a mia zia e lei oggi me la mostra e la custodisce ancora gelosamente nel cassetto della credenza. Insieme alla lingua i genitori immigrati tramandono ai loro figli anche tutte le usanze della propria terra e questi le continuavano a praticare e conservare. Così anche mia zia fa la salsa in casa, prepara la pasta a mano e beve caffè. I figli degli immigrati nati qui si sentono tanto argentini quanto italiani, o spagnoli, o tedeschi. Amano profondamente il paese in cui sono nati e cresciuti ma allo stesso tempo si sentono legati indussolubilmente al paese d'origine dei genitori tanto che il sogno più grande per ognuno è quello di andare a visitarlo e vedere con i propri occhi i posti conosciuti solo attraverso i racconti dei genitori. La terza generazione degli immigrati, figli nati quindi da genitori argentini e da nonni europei, è un pò stufa di sentire tutte queste storie del paese d'origine e della famiglia lontana che probabilmente non si conoscerà mai. Così quando mia cugina mi chiede di spiegargli bene tutto l'albero genealogico della sua famiglia in Italia, gli zii e i cugini che ha, mia zia mi dice che ho compiuto un piccolo miracolo. Sicuramente il fatto di conoscermi di persona, di sapere che come me ha altri cugini in Italia e che le probabilità di incontrarsi non sono così impossibili, ha stuzzicato la sua curiosità. Io sono estremamente felice di aver conosciuto i miei parenti dell'Argentina, quelli di cui ho sempre sentito parlare da mia nonna e da mia mamma ma che vedevo così lontani. Mi sono sentita a casa, in famiglia e coccolata. Salutare tutti per continuare il mio viaggio verso la Patagonia è stata fin qui la tappa più difficile del viaggio, il primo vero momento di sconforto. Ha ragione mia zia quando dice che in fondo siamo sangue e che quello che ci unisce è comunque indissolubile a dispetto della lontanza. Ci lasciamo con le lacrime agli occhi ma so per certo che non sarà l'ultima volta che ci vedremo e spero un giorno di poter mostrare la mia città e la mia terra ai miei cugini argentini, esaudendo così un loro e un mio desiderio.

venerdì 30 dicembre 2011

Miami 17-20/12

Arrivare a Miami dopo Costa Rica è uino shock. Il viaggio in aereo dura solo due ore e mezza ma il cambiamento è radicale. E' come passare dal giorno alla notte, dal sole alla luna, dal bianco al nero. Miami è il contrasto, l'opposto della Costa Rica. E' una città scintillante, nuova, moderna, futuristica. Qui le palme non crescono selvagge ma vengono piantate in fila, dritte, rigorosamente uguali. Abbelliscono le grandi avenue a cinque o sei corsie. Nel centro città svettano i grattacieli. I ponti, set di molti film come "fast and Furious", sovrastano la zona del porto. Tutto è artificile, costruito, persino gli isolotti sui quali sono adagiate le ville milionarie dei più disparati vip del pianeta: Madonna, Ricky Martin, Liz Taylor, Antonio Banderas e molti altri. Solo il bel George Clooney ha lasciato la sua villa qui per trasferirsi nella più pittoresca cornice del lago di Como. Le case sono enormi, su più piani, alcune in stile più moderno altre in stile più classico. Tutte hanno un accesso per la barca, o meglio per lo yacht, e un grande giardino adornato da palme che valgono milioni di dollari. Dopo il tour guidato in barca ammirando, sotto un caldo sole, il lusso delle dimore dei personaggi famosi mi sposto a Miami beach. Sembra di essere catapultati in un telefilm, uno di quelli che tutti abbiamo visto da ragazzini. "Baywatch" per la precisione. Prima di arrivare alla spiaggia c'è un ampio lungomare costellato di palme dove si può camminare, andare in bici o in pattini. Molti amano fare jogging e farsi mostra del proprio fisico scolpito. Dal lungo mare delle passerelle portano alla spiaggia. Una distesa immensa di sabbia bianca, quà e là qualche ombrellone e qualche sdraio che in lontananza appaiono come puntini. Ogni cento metri una torretta di salvataggio, alla "Baywatch" appunto. Sono di legno, ognuna di un colore diverso e sulle scalette ci sono appoggiati i salvagenti arancioni, quelli che i protagonisti del telefilm mettono sottobraccio prima di gettarsi in acqua. Dentro la torretta un attento bagnino controlla da dietro il vetro il suo tratto di mare e ogni tanto si affaccia fischiando ai più imprudenti. I gabbiani affollano la spiaggia quasi come i piccioni in piazza San Marco. Si avvicinano a chi gli dà da mangiare e poi volano via lasciandosi trasportare dal vento che soffia forte. Il mare è di un azzurro intenso ed è increspato. Molti i sufisti che cavalcano le onde.

Definirei Miami una città latino-statunitense. Vi è infatti un forte influsso delle comunità latino-americane e caraibiche immigrate in questa città, tanto che lo spagnolo diventa predominante e di uso comune. Molti sono i ristoranti, le discoteche e i locali sulla Ocean Drive gestiti da cubani, portoricani, haitiani o venezuelani. La musica, i sapori, la cultura latina emigrano insieme alla gente approdata in massa sulle coste della Florida. Gente che si ritrova, si riunisce e si aggrega in un paese straniero costituendo grandi comunità e quartieri interamente latino-americani come Little Havana.

Miami segna un altro incontro, uno di quelli che si trasformano in amicizia profonda. Una ragazza venezuelana con un nome emblema della sua anima: Alegria. Non ci sono ostacoli di lingua, di cultura, di paesi diversi. Ci troviamo subito in sintonia, sulla stessa lunghezza d'onda. Sembra di essere amiche da sempre. Trascorriamo una serata in un locale cubano,uno di quei posti che cerco di evitare quando sono a Torino, ma che qui è d'obbligo visto l'influsso della musica latina. I ballerini danno sfoggio della loro bravura a ritmo di salsa, baciata, merengue. E' bello ammirare come il loro ballo non sia impostato e calcolato su passi o "figure" ma sia spontaneo, carico di passione e improvvisazione. Più tardi ci trasferiamo in una delle discoteche più in di Miami, il Nikki Beach. Un locale sulla spiaggia che nonostante sia rinomato costa poco più di 10 €. La discoteca è immensa, parte dalla spiaggia per entrare in un edificio chiuso di 2 piani e più sale con musica diversa. Balliamo e ci divertiamo prima di ritirarci stanche e felici in ostello. Il giorno seguente dopo esserci stese un pò al sole sull'immensa spiaggia di Miami ci diamo allo shopping sfrenato. Qui tutto costa pochissimo e corriamo da una corsia all'altra dell'outlet provando ogni tipo di indumento...sto mettendo a dura prova il mio piccolo bagaglio. Terminato lo shopping è tempo di saluti. Trascorriamo solo due giorni insieme ma il tempo sembra dilatarsi tanto che sembrano passate settimane. Ci si lascia sempre con un pò di maliconia ma ho imparato che i saluti, i congedi fanno parte del viaggio tanto quanto gli incontri, anzi essi non esisterebbero se gli incontri non avenissero e quindi non bisogna rattristarsi, al contrario, bisogna gioire per la conoscenza fatta.

giovedì 22 dicembre 2011

Costa Rica e Panama 10/12-17/12

Sto lasciando la Costa Rica ma le sua bellezza mi rimarrà negli occhi ancora a lungo. Questo paese è segnato nel suo nome. E' una costa ricca. Si, ricca di animali di ogni specie, di spiagge immense, di parchi naturali, di vulcani, di cascate, di foreste e di gente ospitale, semplice, accogliente, di cuore.

Gli ultimi giorni sono stati di piccoli viaggi nel viaggio.

Sabato 10/12 e domenica 11/12:
Mi metto in viaggio verso La Fortuna, un paese alle porte del vulcano più grande della Costa Rica: Arenal. Qui il paesesaggio cambia, diventa montagnoso. Il tempo è brutto, piove a dirotto ma vado lo stesso a fare il tour con una guida e un gruppo di ragazzi. Ci dirigiamo verso il vulcano che però non si fa vedere perchè avvolto dalla foschia. Arenal è un vulcano attivo ma da più di un anno "sta dormendo" e non erutta...la guida ci fa capire che forse non è un buon segno perchè il suo risveglio potrebbe essere molto violento. I ragazzi che fanno il tour con me sono stupiti nel vedere un vulcano. Io invece no, ne ho visti tanti in Italia, ho anche ammirato l'eruzione di Stromboli dal mare. Quello che più mi stupisce qui è il tipo di vegetazione che circonda il vulcano. Un'immensa foresta pluviale di un verde rigoglioso e con alte cascate. Camminiamo bagnanti fradici per la foresta e ammiriamo fiori e tipi di piante: l'albero di citronella, le orchidee aggrapate agli alberi. La guida raccoglie un pezzo di terra vulcanica e dice che ci servirà più tardi nel tour. Sulla strada verso il fiume di acque termali la guida scorge una piccola rana verde dai grandi occhi rossi. Ce la fa ammirare nelle sue mani. Arriviamo nel fiume Tabacon, ricco appunto di acque termali. E' diventato buio e immeregersi in queste acque bollenti è molto piacevole. Il fiume crea in questo punto una piscina naturale con una piccola cascata. La guida ci sparge sulla faccia la terra vulcanica raccolta prima, ci purifica la pelle dalle impurità. Intanto il gruppo è diventato affiatato e si decide di cenare tutti insieme in un locale con cucina tipica costaricense. Il pesce qui è il piatto forte ed è sempre accompagnato da riso, fagioli neri e platani fritti. I platani assomigliano molto alle banane ma sono più grandi e non si possono mangiare crudi, cotti però sono ricchi di amido.

Il mattino dopo, sempre sotto una pioggia insistente, percorro un sentiero nella foresta che mi porta ad ammirare la Catarata della Fortuna. Una maestosa cascata che sorge nel verde e getta con maestosa potenza le sue acque dall'alto. Ai suoi piedi è possibile farsi il bagno ma viste le condizioni del tempo rinuncio.

Sono partita sola per questo lungo viaggio ma in realtà non lo sono mai stata. Durante i viaggi, le tappe, i tour, negli ostelli ho conosciuto tante persone. Ognuno è in viaggio per un motivo: vacanza, volontariato, lavoro, luna di miele. Ci si incontra e ci si racconta. Ognuno ha qualcosa da dirti, da darti, da consigliarti, qualcosa da condividere con te. Si diventa amici, per un'ora, per un giorno, per il tempo di una cena. Con qualcuno la sintonia è intensa, tanto che sembra di conoscersi da sempre. Nasce un sentimento profondo di condivisione e di scambio. Si sfrutta al massimo il tempo passato insieme e ci si saluta commossi con la ferma intenzione di rincontrarsi. Con altri si ha la consapevolezza che la conoscenza è effimera, che probabilmente non ci si incontrerà mai più e che tutto rimmarrà chiuso nel ricordo di quel momento, di quell'esperienza condivisa. Ci si scambia comunque gli indirizzi email e i numeri di telefono, forse più per avere in mano qualcosa di concreto che ci colleghi a quella persona e al suo ricordo che per matenere poi veramente i contatti. Così sto collezionando nomi, email, indirizzi. Mantengo vivo il ricordo di tutte le persone che sono passate finora nel mio viaggio con la certezza che alcune passeranno di nuovo nella mia vita.


Lunedì 12/12 e martedì 13/12:
Raggiungo il lato opposto al Pacifico, l'altra faccia della Costa Rica, il Mar dei Caraibi. Molti, soprattutto persone locali, cercano di dissuadermi dall'andare in questi luoghi perchè pericolosi, caratterizzati da spaccio e criminalità. Viaggiando ho capito che non ci sono posti o luoghi pericolosi in assoluto, o meglio, che anche nei luoghi tranquilli può succedere il peggio. L'attenzione bisogna prestarla ovunque. Testarda e decisa arrivo a Cahuita. Più che una città o un paese è un villaggio. La musica raggae pervade le stradine sterrate e le amache dondolano davanti alle porte delle case. Un'atmosfera di pace e relax. Qui l'influenza africana è forte. A parte i cinesi che gestiscono il mini market il resto della popolazione locale ha la pelle scura, le treccine ai capelli o i rasta. Tutto si muove a tempo di musica caraibica. Le spiagge si fanno più strette. Le palme che le incorniciano hanno tronchi ricurvi che arrivano a toccare il mare. Anche qui c'è una parco naturale. Si cammina tra gli alberi a ridosso della spiaggia. Molti bradipi sonnecchiano tra un ramo e l'altro. La guida del parco mi mostra un serpente. E' un bebè, è giallo ed è appollaiato su una foglia. Con un suo morso la vita di un uomo si riduce ad un'ora sola. Mi tengo a debita distanza e spero di non incontrare i suoi genitori sul cammino.

Il mattino dopo prendo il pullman che mi porta a Puerto Viejo. I pullman pubblici e locali sono diversi da quelli che si vedono nelle grandi città italiane. Assomiliano di più agli autobus che collegano i paesini nel sud come nel nord Italia. Attraversano zone di campagna, hanno fermate non segnalate ai bordi dello stradone. La gente del posto sa quando passa e se non arriva aspetta paziente. Salendo salutano l'autista e quando scendono lo ringraziano. Sulla fiancata del bus c'è scritto Torino, ma non è la destinazione...è il modello del pullman.

Puerto Viejo è un pullulare di bancarelle con collanine, bracciali, orecchini artigianali, per lo più in legno o in cocco. Anche qui la musica raggae fa da padrona. La sabbia sulla spiaggia è come la pelle degli abitanti, nera. Sabbia di origine vulcanica che si distende fino al mare e che che marca il contrasto con l'azzurro dell'acqua.

Affitto una bicicletta e percorro 12 km di costa alla scoperta di spiaggie caraibiche mozzafiato. Il capolinea di questa passeggiata è Manzanillo. Paesino pittoresco e idilliaco con scorci da cartolina. Mare azzurro intenso, palme adagiate sulla riva, sabbia dorata. Mi godo questo paradiso, faccio il bagno e sorseggio un delizioso batido, cioè un frappè, di frutta tropicale fresca. Sulla strada del ritorno percorro un tratto a cavallo. Un signore insiste perchè mi faccia un giro e io torno bambina quando passeggiavo a cavallo per le colline del Molise. Arrivata a Puerto Viejo le strade sono piene di giovani rastaman che rilassano la mente con musica e marijuana. Non sono mai stata in Jamaica ma se la dovessi immaginare me la immaginerei così. Spero un giorno di poter dire se mi sono sbagliata o no.


Mercoledì 14/12, giovedì 15/12 e venerdì 16/12:
Lascio momentaneamente la Costa Rica e mi sposto in Panama. Destinazione Bocas del Toro, un'arcipelago di isole caraibiche a pochi chilometri dal confine.

Attraversare la frontiera tra la Costa Rica e il Panama è un'esperienza ed è qualcosa che non è più nella nostra concezione di europei. La frontiera consiste in un ponte con tavole di legno sconnesse. Bisogna attraversarlo a piedi. Sotto scorre un fiume. Sulla sponda della Costa Rica bisogna compilare un modulo di uscita dal paese, fare la coda all'ufficio migrazione e dopo aver ricevuto il timbro sul passaporto camminare verso l'altra sponda. Bisogna fare attenzione come si mettono i piedi perchè tra una tavola e l'altra ci sono dei buchi. Un passo falso e si finisce nel fiume. Fino a metà ponte ci sono appese le bandiere della Costa Rica, l'altra metà è spoglio. Approdati sull'altra sponda la scritta "Bienvenidos en Panamà" ti accoglie sul muro dell'ufficio migrazione panamense. Un'altra coda, 3 $, un'altro timbro sul passaporto ed è fatta. Gli ufficiali di frontiera sono simpatici e disponibili. Mi raccontano che il loro presidente ha origini italiane e mi invitano a rimanere più a lungo nel loro paese.

L'attraversare un confine a piedi, i controlli dei passaporti, Il cambio di moneta danno una sensazione di lontananza e di distacco tra paesi geograficamente vicini. E' qui che capisco il significato di quella U nella sigla UE. Unione appunto. Viaggiando e vivendo solo in Europa non ce ne rendiamo conto ma molto è semplificato da questa unione. Il potersi spostare da un luogo all'altro all'interno della comunità europea dà la libertà di scegliere dove andare, dove abitare e per quanto tempo. Ci si accorge delle libertà di cui godiamo solo quando queste ci vengono tolte.

In Panama una piccola imbarcazione, che qui chiamano lancia, mi porta a Bocas del Toro sull'isola Colon, la più grande dell'arcipelago. Tutto è più economico rispetto alla Costa Rica e per soli $6 dollari pranzo a base di pesce. Il paese è piccolo e la gente vive in casette, per lo più palafitte e baracche. I tratti dei visi sembrano indigeni. Pelle olivastra e occhi leggermente a mandorla. Molti camminano a piedi nudi. I ragazzini giocano a lanciare le trottole in mezzo alle vie. Bussano a casa di una signora perchè gli è finito il pallone nel cortile. Un bambino piccolo esce di casa con il cappello di paglia in testa e balla in mezzo alla strada. Ha la gioia negli occhi, mi sorride con il suo unico dentino. Incomincia a piovere e una bimba corre scalza al bordo della strada e si diverte a sguazzare nelle pozzanghere. Semplicità e felicità. Qui i bambini non hanno il computer, le macchine telecomandate o le barbie e non corrono pericoli a giocare liberi per strada. Vivono felici di quello che hanno proprio perchè posseggono poco.

Giovedì faccio il tour in barca dell'arcipelago. In Centro America le stagioni non sono quattro ma due. Una secca e una piovosa. Adesso sta terminando quella piovosa ma il tempo in queste isole cambia repentinamente e io sfortunatamente sono arrivata in un periodo di pioggia persistente. Parto comunque in barca con un gruppo di turisti. Ci fermiamo ad immirare i delfini che si divertono a saltare le onde provocare dalle imbarcazioni. Si avvicinano senza paura alle barche e giocano facendo mostra dei loro tuffi. Uno spettacolo! Ci fermiamo poi vicino ad un altro isolotto per fare snorkeling. Pesci di tutti i colori e coralli impreziosiscono il fondale di questa baia. Con la maschera e il boccaglio sembra di ammirare un acquario. Ultima tappa del tour Red Frog, una spiaggia ricca di vegetazione e abitata da simpatiche rane rosse. Alcuni bambini le cercano tra gli alberi intorno alla spiaggia e te le mostrano da vicino chiedendoti in cambio qualche moneta. Riesco comunque a scorgerne anche qualcuna tra gli alberi.

Venerdì lascio il Panama e torno a San José. Vicino al capolinea del pullman che in 7 ore mi porterà a destinazione ci sono negozi di tutti i tipi che espongono la merce sul marciapiede con casse da discoteca che pompano musica latina. Nei bar i panamensi fanno una ricca colazione a base di pollo fritto, riso e uova. Traffico e confusione. Riattraverso il confine salutando gli ufficiali conosciuti due giorni prima e proseguo il mio viaggio verso la capitale.

La sera vado a cena con il mio amico e finiamo la serata in un locale bevendoci una Imperial, la birra nazionale. E' sempre difficile salutare gli amici quando si parte. C'è sempre un velo di tristezza. Però ha ragione il mio amico quando dice che l'importante è sfruttare e godersi al massimo il tempo che si passa insieme perchè non si sa se e quando due persone torneranno a vedersi. Io sono sicura che ci rivedremo presto perchè certe amicizie seppur lontane le coltiviamo ogni giorno nel cuore.

La Costa Rica non ha deluso le mie apettative. Ho trovato il verde della foresta, il blu del mare e il dorato della sabbia. Ma non solo. Ho scoperto un paese dove la natura domina in tutta la sua bellezza e regola la vita e i ritmi dell'uomo. Ho scoperto gente genuina, di gran cuore che ama la semplicità. Il mio bagaglio si arricchisce ancora di sorrisi, di sguardi, di parole gentili, di gesti cordiali. Parto con la consapevolezza che in fondo una Pura Vida è possibile.

lunedì 12 dicembre 2011

PURA VIDA

Letteralmente "pura" significa "pura" e "vida" significa "vita", ma la sequenza delle due parole non è casuale. Non si tratta di "Vida Pura" cioè di una vita pulita, essenziale, incontaminata, limpida, onesta, sincera. O almeno, non è solo questo. "Pura Vida", con l'aggettivo in testa, è il motto, il saluto, l'augurio, l'esclamazione del popolo tico. In sè tutta l'essenza di questa gente. Pienezza di vita, gioia, bontà, amore per il bello e gentilezza. "Pura Vida" è accompagnato da un sorriso per dire "grazie" o "prego", è pronunciato per salutare o congedarsi, per esprimere soddisfazione o una cortese indifferenza.
"Pura Vida" è l'anima stessa della Costa Rica.

domenica 11 dicembre 2011

Costa Rica dal 4/12 al 9/12

Ancora una volta approfitto di alcune ore di viaggio per scrivere un pò e aggiornarvi sulle mie avventure. Stavolta il viaggio è su un autobus che da Uvita mi porta a San Josè e ci mette quasi 6 ore per coprire 300 km....comunque partiamo dall'inizio...

Domenica 4/12 sera
:

Le luci della città di San Josè, capitale di una striscia di terra del Centro America stretta tra due oceani, risplendono sotto la pancia dell'aereo. L'aereoporto internazionale è piccolo e grazioso e dopo i controlli vengo accolta dal mio amico e dalla sua ragazza. Ci sono amici che siamo abituati ad aver lontano e però ogni volta che li rincontriamo, anche dopo qualche anno, sembra di averli lasciati la settimana prima. Alcuni anni dal nostro ultimo incontro invece sono passati veramente e quindi dopo esserci raccontati le ultime vicessitudini delle nostre vite ci dirigiamo a mangiare qualcosa.

E' difficile avere una prima impressione della città quando la vedi di notte e in giro non c'è gente. Quello che mi colpisce di più a prima vista sono le luci di Natale in un clima estivo, devo ancora entrare nell'ottica del cambio stagione. Ripongo la calda giacca usata a New York e indosso una fresca maglietta a maniche corte. Adoro l'estate e il caldo a dicembre non mi dispiace per niente.

Lunedi 5/12:

La giornata di oggi è dedicata al tour di San José ed avere come guida il mio amico che è nato e cresciuto in questa città è il meglio che si possa chiedere. La differenza di questa città rispetto a quella che ho appena lasciato è profonda. Qui non ci sono grattacieli ma case in stile coloniale e vittoriano. I colori si fanno intensi, i muri sono pitturati di rosa , giallo, azzurro e le facciate si arricchiscono di colonne e fregi influenzati dalla cultura e dall'arte classica europea. Anche i colori della gente che passeggia nelle vie del centro città si fanno più intensi. La pelle è olivastra, gli occhi e i capelli scuri. I taxi qui diventano rossi e i negozi e le strade ricordano un pò l'Italia di qualche anno fa. Non tutti gli edifici sono così curati ma hanno un sapore caratteristico e genuino. Agli angoli delle strade pullulano le bancarelle di frutta fresca. Ananas, papaya, mango, maracuja, banane e platani. I venditori urlano per attirare la gente. Le palme svettano in mezzo alla città e alcune hanno appese le luci di Natale.

Terminiamo il nostro tour e andiamo a bere una Imperial, la birra nazionale della Costa Rica, in compagnia di un'altra ragazza costaricense, amica di un mio amico di Torino. Un altro incontro che ho avuto il piacere di fare. Tutti sono estremamente gentili e premurosi. Cercano di farti sentire a casa. I poliziotti che controllano ogni via di questa città e le estreme misure di sicurezza che vengono prese anche nell'ostello invece danno la sensazione che la città non sia tanto sicura, che la criminalità sie alta e che bisogna prestare un pò di attenzione. D'altronde tutto il mondo è paese e ogni grande città ha i suoi pericoli. Finiamo la giornata in un caratteristico baretto con musica dal vivo.

Martedì 6/12:

Lascio la capitale per dirigermi verso la costa pacifica, prima tappa Manuel Antonio. In Costa Rica non esiste una linea ferroviaria che attraversa il paese. Il mezzo di trasporto più usato per spostarsi è l'autobus. Tutti qui viaggiano in autobus. Turisti, coppie, ragazzini, persino mamme con neonati. Le scuole si sono chiuse in questi giorni e quindi tanti si spostano per le vacanze estive e gli autobus si riempiono. Anche i collegamenti stradali non sono dei migliori e le tante fermate prolungano le ore di viaggio. Viaggiare in pullman comunque permette di ammirare il paesaggio che si veste di un verde intenso e di fiori colorati. Distese immense di palme costeggiano la strada. Facciamo sosta in un caratteristico autogrill dove ovviamente si trova frutta fresca, piatti tipici costaricensi e musica latina.

All'arrivo a Manuel Antonio già dal pullman si può ammirare l'immensa spiaggia bianca circondata da palme e il verde parco nazionale che si affaccia sulla costa. Più a largo nell'oceano ci sono isolotti qua e là che rompono la linea continua dell'orizzonte. Il cielo è di un blu intenso e le nuvole sembrano disegnare figure multiformi. Passeggiare su questa spiaggia e ascoltare il costante rumore delle onde che si infrangono fragorose sulla riva da un senso di libertà. La vista si perde all'infinito e l'immensità dell'oceano che ti risucchia verso di se ti fa sentire parte di questo spettacolo naturale. La spiaggia è ampia ma non è molto affollata. Qualcuno si fa il bagno, qualcuno passeggia, molti fanno surf e un simpatico venditore di cocco me ne regala uno, lo adorna con uno splendido fiore tropicale e insiste perchè gli faccia una foto in suo ricordo.

Lo spettacolo migliore arriva al tramonto o all'atardecer come dicono qui. Il sole inizia a calare verso il mare, i suoi raggi penetrano le nuvole e il cielo si stria di luce rossa. Tutto viene avvolto da questa magia. Mentre il sole affonda nell'acqua la luce si infievolisce e il cielo sembra unirsi al mare. E' il momento migliore per fare il bagno. Mentre esco dall'acqua la luna è già alta in cielo e specchiandosi nell'oceano illumina la spiaggia con il suo fascio di luce. In questo posto è la natura a parlare lasciandoti senza parole.

In ricordo di questo incantevole posto raccolgo alcune colorate e meravigliose conchiglie che porterò con me a casa e che forse metterò nella vaschetta del mio immortale pesciolino rosso, per dargli quella sensazione di libertà che lui non ha mai vissuto.


Mercoledì 7/12:

Oggi visito il parco nazionale di Manuel Antonio ricco di numerose specie di animali e di vegetali, nonchè di incantevoli spiagge. Si può visitare il parco con una guida che un telescopio scorge gli animali nascosti e te li fa ammirare. Io però decido di passeggiare da sola guardando solo quegli animali che si vorranno far vedere senza disturbarli nella loro intimità. La vegetazione qui è molto fitta, ci sono alberi, fiori colorati, piante. Cammino per i sentieri segnati del parco, la temperatura è alta. Sui fiori colorati si posano coloratissime farfalle. Si sente il cinguettio continuo degli uccelli e il frusciare degli animali tra le foglie. Qua è là si scorge una rana rossa, tra i rami fa capolineo bambi con la sua mamma. Cammino per i sentieri stretti attraversati da qualche iguana che si ferma a prendere il sole. In fondo al sentiero una spiaggia: Pueto Escondido. Un paradiso terrestre. Incorniciata nella fitta vegetazione si apre sul mare adornata di scogli. Appese agli alberi simpatiche scimmiette dal viso bianco mangiano e saltano agili da un ramo all'altro. Poco più avanti si apre un'altra spiaggia un pò più ampia. Anche questa da cartolina. Qui la natura è rimasta intatta. Glli animali che abitano questo parco sono nel loro habitat e tutto ha un suo equilibrio naturale. Ci sono anche i coccodrilli che io però non riesco a scorgere. Quando ero piccola mio papà ci faceva sempre vedere Superquark, sperando forse in cuor suo che un giorno io e mio fratello riuscissimo a vedere quella natura e quegli animali con i nostri occhi. Oggi ho vissuto sulla mia pelle un documentario della natura.

Nel tardo pomeriggio si ripete lo spettacolo del tramonto, stavolta bagnato da una leggera pioggia. Una deliziosa cenetta tipica tica (cioè costaricense) chiude la giornata.


Giovedì 8/12:

La giornata comincia con un altro viaggio in autobus. Stessa costa, direzione sud. Destinazione Uvita. Il tempo non è dei migliori, piove. Arrivo in questo paesino anch'esso affacciato sul Pacifico e vengo accolta da pappagalli rossi che cantano e affollano i rami di un alto albero. Rimango incantata. Qui non non si vedono turisti. Cammino per le stradine del paese e incontro bambini in bicicletta in vacanza dalla scuola, cani randagi, pescatori. Le case sono piccole, basse, colorate. Alcune somigliano di più a baracche ma sono ugualmente curate e adornate con albero di Natale e luci. Le porte e le finestre sono aperte e si può scorgere dentro un arredamento essenziale. La musica latinoamericana si spande nell'aria.

Di sera visito con una simpatica guida locale il parco Marino Ballena. Il parco consiste in spiaggia, mare e alberi. Ma qui quello che fa la natura è spettacolare. Con la bassa marea il mare si apre in due, una striscia di terra emerge tra il mare e si formano come due rive in verticale. Al fondo della striscia di terra una formazione rocciosa si apre a destra e a sinistra formando quella che chiamano la coda della balena. Ed è proprio una coda di balena naturale disegnata dal mare. La sensazione di camminare sulla sabbia in mezzo alle due rive è suggestiva. sembra di camminare in mezzo a due mari e la vista si perde a destra e a sinistra. La striscia di sabbia che emerge e che porta fino alla coda della balena è chiamata anche il cammino di Mosé, colui che aprì le acque. E' proprio questo il fenomeno che accade qui.


Venerdì 9/12:

Mi sveglio all'alba perchè è a quest'ora che si possono ammirare meglio gli animali presenti nel parco. Ci sono solo io e il mare. La marea è bassa è la distesa di spiaggia immensa. Qui non esistono ombrelloni e stabilimenti balneari. Tutto è lasciato alla natura. Su un albero sonnecchiano due bradipi, i granchi rosa si nascondono nella sabbia al rumore dei tuoi passi. Ancora una volta cammino sulla coda della balena e faccio un bagno in una delle due rive. Dopo qualche ora la marea si alza. Le onde sulle due battigie si allungano le une verso le altre e arrivano a toccarsi facendosi sempre più grandi. L'acqua comincia a salire, le due rive scompaiono e il mare ritrova la sua unità. La natura è capace di offrire spettacoli unici e di ripeterli costantemente nel tempo.

Faccio ancora una passeggiata nel paese e scorgo nel ruscello che lo attravera delle tartarughe appoggiate su un ramo. Una si tuffa in acqua. Nel giardino di una casa, che fu la prima casa fondata in questo paese, ci sono delle sfere di granito indigene. Queste sfere sono patrimonio protetto e venivano usate nell'antichità dalle tribù per delimitare i confini oppure erano simboli religiosi e cerimoniali. Alcune sono state rotte dai colonizzatori spagnoli che credevano che gli indigeni ci nascondessero l'oro.

La mia tappa qui è terminata e sotto un sole cocente mi dirigo verso la fermata dell'autobus in direzione San José. Eccomi quindi sul pullman. Torno nella capitale perchè è come se fosse il capolinea di tutti i collegamenti autobus del paese e domani si riparte...

domenica 4 dicembre 2011

New York- primi giorni di dicembre

Gli ultimi giorni sono stati molto intensi.

Giovedì: sveglia presto, colazione e l'intenzione di visitare il Guggeheim Museum. Mi immaginavo una lunga attesa per entrare ma una volta arrivata davanti al museo la sorpresa. Era chiuso. Si, anche a New York i musei hanno il giorno di chiusura! Mi dirigo quindi verso il Metropolitan Museum of Art, che si trova qualche isolato più avanti, accompagnata da un simpatico signore americano e dal suo cagnolino incontrati a Central Park. A New York tutti ti salutano per strada, ti dicono "Hi, how are you?" e se tu gli rispondi con altrettanta cortesia si inizia a parlare e fare amicizia. Se sei ferma per strada con la cartina in mano cercando di capire quale direzione prendere la gente si ferma e ti chiede: "May I help you?", se ti vedo con la macchina fotografica in mano davanti a una delle tante meraviglie di questa città ti chiedono se vuoi che ti facciano una foto. Insomma non c'è bisogno di chiedere, sei servita quasi come se fossi seduta al tavolo di un elegante ristorante. Gentilezza gratuita che lascia sorpresi in una metropoli come questa. Il signore americano mi racconta delle sue origini italiane, mi dice qualche curiosità sul parco, mi da consigli su cosa vedere in città. Si preoccupa di accompagnarmi proprio davanti all'ingresso del museo e mi suggerisce di non pagare più di un dollaro visto che è a offerta libera. Mi fa gli auguri per il mio lungo viaggio e torna nel parco con il suo cagnolino.

Il Metropolitan Museum è immenso. Per visitarlo tutto bene non basterebbe un mese intero. Mi soffermo solo su alcune aree. Dall'arte egizia ai pittori europei del '900 fino all'arte moderna, quella che preferisco. Numerosi bambini accompagnati dalle maestre si sdraiano per terra e disegnano, altri gettano monetine nelle fontane che ci sono negli atri del museo ed esprimono un desiderio. Bambini di tutti i colori e di tutte le razze che parlano un'unica lingua e che sono soprattutto tutti statunitensi. Ricorderò questo museo soprattutto per i dipinti di Pablo Picasso e per la scultura di Boccioni "Unique Forms of Continuity in Space", quella che c'è sui venti centesimi di euro italiani.

Nel pomeriggio decido di tornare sul battello per ammirare ancora una volta la statua della libertà, questa volta sotto un sole splendente. Chiedo ad un ragazzo che è lì con un altro signore di farmi una foto con il simbolo americano della libertà. Dai suoi tratti e dal suo accento capisco che è italiano e così iniziamo a chiacchierare. Gli racconto del mio viaggio e ne rimane affascinato. Mi incoraggia come farebbe un vecchio amico e mi dice di andare fiera di quello che sto facendo. Parole che danno forza. Lui è qui per una breve trasferta lavorativa e l'altro signore è il suo collega newyorkese. Ci dirigiamo insieme con il macchinone del newyorkese a Rockefeller Centre per ammirare lo scintillante albero di Natale e la pista di pattinaggio sottostante. Poco dopo li saluto perchè loro sono diretti all'aeroporto e io entro nella famosa St. Patrick Church. Chiesa gotica che trovo un pò cupa e soffocante, escludendo l'ampio e illuminato altare. Mi dirigo poi verso Times Square per comprare il biglietto per un musical. Times Square è un flusso continuo di migliaia di persone che sgomitano davanti alle vetrine dei negozi e sotto gli enormi cartelloni illuminati. Di musicals a New York ce ne sono decine ma il migliore è sicuramente The Lion King e io voglio concedermi il meglio che c'è.

Il teatro Minskoff inizia a riempirsi e le luci si abbassano. I personaggi nei lori colorati e curatissimi vestiti fanno la loro apparizione sul palco. Musica, recitazione, canto, danza, scenografie, tutto è così impressionante che è difficile esprimerlo a parole. A volte sembra davvero di star guardando un cartone animato. I corpi degli attori si muovono con armonia e fluidità sul palco. Le musiche e il canto fanno venire la pelle d'oca. La recitazione è densa di pathos. Uno spettacolo per gli occhi e per il cuore!

Venerdì: Faccio colazione in ostello e rincontro Deborah, una ragazza conosciuta durante il gran tour di New York. Anche lei è una viaggiatrice come me e anche lei ieri ha trovato il Guggenheim chiuso. Decidiamo di andarci oggi insieme, c'è sintonia. Il Guggenheim Museum è da ammirare già di fuori. Ha un'architettura particolare, è circolare e su più piani. All'interno nell'atrio c'è l'esposizione di uno stravagante artista italiano: Maurizio Cattellan. La sua arte consiste nell'appendere sospese in aria le più svariate figure. Un cavallo, un busto di una donna, una bara con il cadavere dentro, un cane, un coniglio, l'insegna di un bar, un ulivo. Si chiama arte contemporanea e anche se è un pò impressionante ci vuole veramente una mente geniale per realizzare tali stravaganze. Il resto del museo non è grandissimo, le sale hanno pochi dipinti ma questo permette di focalizzare meglio l'attenzione e di ammirarli nel profondo. Qui prevalgono i dipinti colorati di Kandisky, qualche dipinto di Van Gogh e altri di Picasso.

Dopo tanta cultura facciamo una lunga passeggiata a Central Park, vorremmo pattinare sulla pista da ghiaccio che hanno allestito in questo immenso parco ma decidiamo di risparmiare i $ per qualche altra cosa. Facciamo una breve tappa da Tiffany dove l'argento costa come l'oro e poi ancora una volta veniamo risucchiate dalla folla di Times Square. E' impossibile tenere un passo moderato in mezzo a tanta gente. Il flusso ti sospinge e allora ti ritrovi quasi a correre e a zizzagare da una lato all'altro della piazza sotto l'occhio vigile dei poliziotti a cavallo che in realtà sembrano fare da cornice a questa surreale piazza.

Prendiamo la metro per Harlem dove crediamo di andare a sentire nuovamente il gospel e invece assisitiamo ad un concerto lirico, comunque molto bello. Ascoltiamo però solo il primo atto perchè non proprio appassionate di musica classica.

La stanchezza inizia a sentirsi nelle gambe e allora dopo una buona cenetta americana andiamo a riposarci in ostello.

Sabato: giornata rilassata dedicata prima di tutto al cambio ostello perchè in quello dove sono stata fin'ora non c'è più disponibilità e poi breve giretto in downton dove ancora una volta non resisto allo shopping e compro un'altra maglietta. Mi servirà sicuramente nelle calienti temperature del Centro e del Sud America.

La sera vado a cena con Serena al Bubba Gump. Il Bubba Gump è un locale ispirato al film Forrest Gump con cucina a base di gamberi. Serena invece è un'amica di Torino che non vedo da tempo è che è arrivata oggi a NY per una breve vacanza. Incontrare amici dall'altro capo del mondo è una sensazione stranissima. Sembra quasi surreale ma ti fa sentire che il mondo in fondo non è così grande e che le coincidenze nella vita regolano i ritmi, gli incontri, le strade che si prendono, le cose che si imparano. Il viaggio è prima di tutto incontro. Incontro di persone, incontro di amici, incontro di culture, incontro di usanze, incontro di esperienze. Così è stato anche il mio viaggio fino ad adesso ed è con questa sensazione che salgono sull'aereo per la Costa Rica.

New York mi lascia nel cuore visi, sguardi, sorrisi, incontri, meraviglie naturali e costruite dall'uomo. Mi lascia affascinata dal mix di culture e di differenze che convivono in grande armonia e sotto una grande bandiera a stelle e strisce. Perchè in fondo tutte le persone che vivono a New York, bianchi, neri, americani, italiani, cinesi, africani, indiani, sono orgogliosi di essere Newyorkesi e non cambierebbero questo posto per niente al mondo.

Si può riassumere New York in una sola parola: AMAZING!

Domenica: Oggi ho lasciato gli Stati Uniti e mentre scrivo sono seduta in aereo in direzione San José - Costa Rica. Altra nazione, altra lingua, altro clima e altra cultura. L'idea di atterrare ed essere accolta da un caro amico conosciuto in Germania durante gli studi mi emoziona. Incontrarlo in un altro continente così lontano dall' Europa e nella sua terra, nella sua città, nella sua realtà, mi incuriosisce e non mi fa vedere l'ora di atterrare. Mi immagino la Costa Rica come un meraviglioso paese dove la natura fa da padrona. L'immagino molto verde e molto blu allo stesso tempo. Il verde delle foreste e il blu del mare. Sicuramente sarà un bel cambiamento rispetto a New York. Il cambiamento culturale lo si nota già dalla buffa signora costaricense seduta accanto me che ha preso per la seconda volta il pasto offerto dalla compagnia aerea nascondendo il primo e facendo finta di non averlo preso. Ha messo il panino in borsa dicendomi che lo mangerà domani. Penso che in Costa Rica mi sentirò a casa!